Cinque filosofie giapponesi per vivere meglio
Ecco cinque filosofie di vita giapponese da seguire per vivere più serenamente.
Il Giappone è noto per l’arte, l’alto livello tecnologico e la sua cultura. Quest’ultima, in particolare, vanta tantissimi aspetti, tra cui quello filosofico. In Giappone, infatti, esistono svariate filosofie che portano la persona a seguire un certo stile di vita, con lo scopo di raggiungere l’equilibrio e la felicità. Ecco le cinque migliori!
1. Wabi-sabi, apprezzare l’imperfezione
Tutti aspiriamo alla perfezione, ma a un certo punto il perfezionismo può anche ritorcersi contro di noi. A volte, questa ricerca di perfezione equivale alla paura di non essere abbastanza, è sinonimo di insicurezza: “devo mostrarmi perfetto, così gli altri non si accorgeranno di eventuali mancanze”. Per questo, in Giappone esiste il concetto di “Wabi-sabi“, ovvero la capacità di apprezzare tutto di qualcosa, comprese le sue imperfezioni che certamente esistono.
Al “Wabi-sabi”, si unisce, per esempio, l’arte del “kintsugi“, ovvero riparare gli oggetti rotti, come le ceramiche, con argento o oro, al punto di evidenziare i “difetti”, ma anche di segnalarli come qualcosa di prezioso.
2. Kaizen, il miglioramento continuo
I record sono fatti per essere infranti: anche da colui stesso che li ha decretati. Per continuare a proseguire e fare sempre meglio occorre… continuare a cercare di fare sempre meglio, imporsi continuamente degli obiettivi da superare, con gradualità.
In questo consiste il “Kaizen“, il miglioramento continuo, che permette di raggiungere livelli sempre più importanti, scalare montagne sempre più alte. Fallire è normale, l’importante è rialzarsi sempre, capire l’errore e aggiustare il tiro. Se fallisci oggi, non vuol dire che domani non potrai farcela.
3. Kodawari, apprezzare le piccole cose
In Giappone, il concetto di riuscire a “creare” qualcosa è particolarmente importante, per questo sono apprezzati gli artisti di ogni genere. Non solo cantanti e poeti, per esempio, ma anche gli chef che propongono piatti creativi: un esempio è Jiro Ono, il miglior sushi man del giorno. Oggi ha 97 anni e ogni volta che lavora applica il “Kodawari” ovvero si impegna al massimo per creare il piatto migliore possibile, non ricercando in modo ossessivo i dettagli perfetti, ma “onorandoli”.
Il “Kodawari” serve per farci apprezzare questi dettagli all’apparenza superflui, ci insegna quindi a prestare attenzione a tutto, anche nelle nostre relazioni con il prossimo e ci insegna ad “ascoltare”.
4. Ichigo Ichie, per essere più consapevoli
Un giorno, hai fatto una determinata cosa per l’ultima volta senza sapere che sarebbe stata l’ultima: ti è mai capitato di pensarci? Quando è stata l’ultima volta che hai giocato a un determinato gioco, che hai attraversato una determinata strada o parlato con una determinata persona?
Il concetto di “Ichigo Ichie” ci insegna a drizzare le orecchie e a guardare il mondo con più consapevolezza, ad apprezzare tutti i momenti a metterci in guardia sul viverli al meglio perché potrebbe essere l’ultima volta. Questo concetto assomiglia al nostro “Carpe diem“, ma non vuole spingere la persona a vivere per forza come se fosse l’ultimo giorno, ma a esserne consapevoli.
5. Shoshin, per continuare a emozionarsi
Il concetto di “Shoshin” assomiglia molto a quello che già diceva Aristotele ai tempi dell’antica Grecia: non bisogna mai perdere la capacità di emozionarsi. Non bisogna “abituarci” a qualcosa, ma trovare la capacità di continuare a farci domande, in modo da stimolarci sempre.
In questo modo, conserviamo la capacità di continuare a stupirci e di trovare nuove meraviglie, proprio perché continuiamo a cercarle: il mondo è pieno di cose meravigliose, sta a noi individuarle.